Costruita tra il 1534 e il 1535 per volontà di Alessandro de’ Medici
Sintesi della riorganizzazione del potere mediceo, testimonianza unica ed emblematica di architettura militare rinascimentale
Stefano Buonsignori, Nova pulcherrimae civitatis Florentiae topographia accura-tissime delineata 1584 – Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi
“Io desidero che voi veniate a Firenze per valermi del consiglio et opra vostra circa a certo mio proposito, il quale a bocca vi dirò, però mi sarà grato quanto prima posate non mancherete in sin qui”.
Lettera di Alessandro dè Medici all’Architetto(re)
Antonio da Sangallo il Giovane, 10 marzo 1534
In passato struttura chiave del sistema di sicurezza interna ed esterna di Firenze, oggi la Fortezza continua a essere vitale, ospitando un polo multifunzionale dedicato a moderne attività commerciali ed economiche, modellandosi alle esigenze della vita moderna.
Progettata da Antonio Cordini detto da Sangallo il Giovane, nipote di Antonio e Giuliano da Sangallo, ebbe in questa occasione come collaboratori Pier Francesco Firenzuoli di Viterbo e Alessandro Vitelli; in seguito, quando dovette tornare a Roma per altri incarichi, lasciò la direzione lavori a Nanni d’Alessio detto l’Ungaro. La Fortezza fu costruita essenzialmente nell’arco di un solo anno, tra il 1534 e il 1535, con un ingente impiego di manodopera e di mezzi. Chiamata originariamente Forte di San Giovanni Battista, in onore del patrono di Firenze, ma comunemente anche Fortezza da Basso per distinguerlo da quello di San Giorgio o di Belvedere situato in posizione elevata. Fu costruita per volere di Alessandro de’ Medici, posto al governo di Firenze da Giulio de’ Medici (papa Clemente VII) e primo Duca della dinastia dei Medici, non solo per scopi difensivi e per alloggiare un grosso contingente militare, ma anche e soprattutto per intimorire i fiorentini e offrire un rifugio sicuro al principe e ai suoi sostenitori in caso di rivolta interna. Per impressionare maggiormente i fiorentini il lato rivolto verso la città fu dotato di un aspetto monumentale.
1534
Antonio da Sangallo il Giovane. Studio per la Fortezza. Dei molti disegni questo è il primo che ci dà la soluzione geometrica del progetto. Rappresenta semplicemente un pentagono con bastioni di vertici e con misure che corrispondono perfettamente a quelle realizzate. La cortina nell’idea del Sangallo ha preso una maggiore estensione ed i bastioni vengono cosi a localizzarsi alle estremità di essa.
(GDSU, n. 791 v.A)
I lavori iniziarono nel maggio del 1534 ma, poiché la fortezza progettata era a cavallo delle mura della città, dapprima si intervenne sui tre baluardi e sulle quattro cortine esterne così da non lasciare indifesa Firenze. Secondo i canoni dell’architettura militare del tempo, sorgendo in pianura, la fortezza avrebbe dovuto avere una pianta regolare, con bastioni pienamente sviluppati, tra loro identici e dotati di orecchioni. Antonio da Sangallo Lorenzo Rosselli 1471-80, Museo Bode Berlino vi preferì, invece, una pianta a pentagono irregolare – il pentagono rappresenta la sintesi di due figure regolari: il triangolo, da cui si ottiene per rotazione una stella, e il quadrato, dalla cui rotazione si ottiene la stessa figura stellata – così da innestare il lato di base nelle mura arnolfiane preesistenti. Al centro di questo lato, che è il più lungo, fu costruito il Mastio che ingloba l’antica Porta a Faenza. Il Mastio è una struttura architettonica molto originale, una piattaforma, ossia una sorta di bastione ridotto, inventata proprio da Antonio da Sangallo per interrompere cortine troppo lunghe e garantire il tiro radente delle artiglierie.
STRUTTURA
La struttura presentava, quindi, un carattere sui generis, con la parte rivolta verso l’esterno pienamente sviluppata e regolare e la parte rivolta verso l’interno più contenuta, così da non occupare troppo spazio all’interno delle mura. Mentre la cortina e i bastioni furono costruiti in mattoni, in grado di assorbire i colpi di artiglieria, il Mastio invece fu costruito in pietra forte con bugne sfaccettate a punta di diamante e pietre sferiche nella facciata, probabilmente richiamanti lo stemma mediceo. Questi motivi decorativi, sebbene diffusi nel Rinascimento, non furono utilizzati mai su così larga scala in una costruzione militare. Gli imponenti bastioni furono corredati inoltre da disseminate torrette, anguste gallerie, camminamenti e passaggi nascosti. Come ben si può capire da questa sommaria descrizione, nelle sue proposte progettuali Sangallo prestò estrema attenzione alle preesistenze, cercando, quando possibile, più di valorizzarle che di sopprimerle.
Antonio da Sangallo si preoccupò, dunque, di sfruttare il più possibile le mura della città e, proprio per questo motivo, decise di incorporare la porta Faenza nella fortezza, facendone il nucleo centrale del mastio stesso. Due furono i prototipi di riferimento per la costruzione della fortezza: la fortezza di Poggio Imperiale e quella di Santa Barbara a Pistoia, esempi del passaggio dalla fortificazione medievale a quella moderna. Chiaro punto d’arrivo dell’evoluzione tecnica dell’architettura militare, la fortezza presenta un apparecchio murario di grande interesse, dove il cotto serratissimo si accompagna alla pietra forte fiorentina finemente lavorata.
La Fortezza è la realizzazione di un prototipo che, teorizzato già dal Filarete, da Giuliano da Sangallo, da Michelangelo, da Bellucci e altri, trova verifica a Firenze agli inizi del Cinquecento proprio grazie ad Antonio da Sangallo il Giovane.
L’altissima qualità della realizzazione della fabbrica sangallesca è provata dal dialogo tra i materiali – pietra forte e mattoni cotti – e dalla raffinata orditura dell’apparecchio murario. La sua genialità architettonica è provata soprattutto da tre aspetti del suo impianto:
• la pianta pentagonale si situa a cavallo delle mura medievali, che vengono a far parte della fortezza come parte integrante delle cortine. Questa pianta è idealmente iterata nei cinque baluardi d’angolo (Rastriglio, Bellavista, Imperiale, Strozzi, Cavaniglia) e presenta la raffinata concrezione della porta a Faenza nel volume del Mastio;
• la redazione delle cortine murarie in cotto, scarpate e geometricamente definite con cornici, sguanci, bordature in pietra forte. Riprendendo una tradizione di colore sempre presente nel Medioevo e nel Rinascimento fiorentino, nell’architettura, nella pittura e nella scultura, presenta una perentorietà cromatica estremamente affascinante. La cortina muraria a grandi monoliti di pietra forte, che costituisce ancora oggi la facciata verso l’interno della città, può a buon diritto essere considerata forse uno dei capolavori assoluti dell’architettura militare. Il suo significato simbolico e metaforico, con l’alternarsi di bozze a punta di diamante a cristallo e a calotta sferica, che evoca l’arma medicea e i proiettili dell’artiglieria, è ben evidente, ma rappresenta anche un chiaro esempio di come un paramento murario possa divenire scultura o scultura architettonica, qualcosa che riconduce psicologicamente a remote mura megalitiche, testimoni di antiche e grandi civiltà;
• la sala ottagonale della Guardia, a cui si accedeva dalla rampa d’ingresso, ed ancora oggi visitabile, è un vero e proprio capolavoro rinascimentale di chiara suggestione romana. Singolare è la tessitura delle otto vele della volta, dove è impiegata la tecnica detta “spina pesce” a doppio mattone per coltello, già adoperata da Filippo Brunelleschi per la cupola di Santa Maria del Fiore.
Antonio da Sangallo il Giovane. Il rivestimento del Mastio. (GDSU, n. 762.A)
Interessante anche la realizzazione dei camminamenti (contromina) che nascondevano feritoie o piazzole da fuoco di grosso calibro, dette “troniere”, realizzate come previsto nei disegni sangalleschi.
GUARNIGIONE E MAGAZZINI
La fortezza aveva una guarnigione stabile piuttosto cospicua – come dimostrano le armi che le erano destinate, circa tremila tra alabarde e picche, novemila moschetti e undicimila archibugi – ospitava le esercitazioni dei futuri bombardieri e gli alloggi di ufficiali, soldati, bombardieri e, lungo le mura, i magazzini contenenti armi e munizioni.
Vi erano poi altri magazzini in cui era conservato il grano da distribuire alle altre fortezze, magazzini per conservare la carne che qui veniva salata per poi essere smistata alle popolazioni e ai presidi militari.
Accanto ai magazzini vi erano le botteghe del “maestro di casse” e del legnaiolo, mentre un folto gruppo di scultori lavorava nel cortile della fonderia vecchia. All’interno delle mura della fortezza si trovavano anche un forno, una chiesa, alcuni mulini, dei laboratori per la concia del cuoio. Inoltre al suo interno lavoravano ottanta “battilani” e duecentocinquanta tessitori di seta, mentre nei fossi del castello, così come al suo interno, prosperavano piante di gelso.
Lungo le mura, nella parte interna, vi erano spaziosi orti, forniti di “casa per l’ortolano”, in parte affittati a soldati della guarnigione, in parte a persone esterne, e terreni coltivati a vigneto dalla Porta nuova fino al Baluardo dello Strozzi.
Antonio da Sangallo il Giovane. Particolare di un tratto d’angolo della gallerie delle Troniere. (GDSU, n. 792.A)
MANUTENZIONE
Come si può dunque ben immaginare, non era affatto facile mantenere in perfetta efficienza questo complesso, che richiedeva continui interventi di manutenzione e restauro. Tra gli ingegneri chiamati a offrire la propria consulenza professionale in proposito, ricordiamo in particolare Gabriele Ughi, Giulio Parigi e Annibale Cecchi.
Gli interventi effettuati furono sostanzialmente di tre tipi:
• opere necessarie ad arginare le acque del Mugnone che, tracimando con le piene, riempivano e ostruivano i fossi della fortezza;
• opere atte al restauro delle cortine, dei terrapieni e degli edifici gravemente compromessi dalle acque piovane;
• la costruzione di nuovi ambienti per far fronte alle esigenze del momento, quali nuove stalle, nuove armerie, nuovi magazzini per la polvere, nuovi alloggi per i soldati e capannoni per il corpo di guardia.
Nel periodo granducale la fortezza da Basso vide diminuire il suo ruolo militare e quasi tutti gli interventi furono modesti e di carattere manutentivo.
dal 1859 a oggi
SVILUPPI RECENTI
Dal 1859 in poi, invece, per successive addizioni furono realizzati volumi a carattere utilitaristico, come una “nuova stalla per i muli”, il disfacimento e la ricostruzione di parte della cortina interna della porta del Castello. Nel 1649, in seguito a una relazione di Annibale Cecchi sullo stato del Mastio centrale danneggiato dalle intemperie, si decise di coprire la terrazza del Mastio stesso, visibile ancora oggi, con un tetto a padiglioni, il cui costo fu di cento ducati. Più tardi, sotto la dinastia dei Lorena, vi furono relazioni e interventi di Fischer, Salvetti, Dolcini e Paoletti. Dopo l’uso a casa di Correzione, con il passaggio allo Stato unitario, la Fortezza da Basso rischiò di essere distrutta: infatti nel 1879 l’ingegnere Alessandro Michelagnoli ne prospettò la demolizione per realizzarvi una “Stazione Ferroviaria Militare”, che avrebbe dovuto essere costruita simmetricamente alla piazza d’Indipendenza. Ciò per fortuna non accadde e, negli anni di Firenze capitale, quando gli imponenti lavori di Giuseppe Poggi di ammodernamento della città alterarono le quote stradali, i fossati della fortezza furono colmati e fu resa necessaria l’apertura di nuove porte. Nel1966, con il passaggio del complesso monumentale all’Ente mostra dell’Artigianato, si esaurisce l’originaria vocazione militare del complesso fortificato con l’avvio della nuova connotazione funzionale a centro fieristico ed espositivo e poi con la gestione della Sogese, la fortezza è stata interessata da un vasto piano di riutilizzazione. Un impegnativo programma di restauri, condotto dalla Soprintendenza ai Monumenti di Firenze e reso necessario dalle condizioni di abbandono in cui la fortezza versava alla fine della seconda Guerra mondiale, ha reso possibile il recupero del Mastio, che è l’unica parte in cui venne pienamente realizzato il progetto di Sangallo, il riordinamento dei vari corpi di fabbrica e la rimozione dei più recenti ambienti addossati alla porta Faenza.
Durante questo intervento inoltre, è stata soppressa la scala interna di recente costruzione che permetteva di accedere alla sommità della porta a Faenza, adattata da Sangallo a cannoniera, ed è stata ripristinata la cinquecentesca comunicazione dall’esterno, mediante la riapertura di una porta murata e la costruzione di una scala metallica che riproduce l’esatto percorso degli incastri degli antichi scalini di pietra incorporati nelle mura trecentesche. È stato inoltre ritrovato e riaperto, all’estremità destra del fronte sull’attuale viale Strozzi, un portale di accesso secondario, con parti di una rampa a cielo aperto e resti di strutture interrate. Dopo lo svolgimento di un concorso nazionale di idee, insieme ai lavori di restauro, è stato realizzato il nuovo “padiglione Spadolini”. Quest’ultimo, nato con caratteristiche tecniche prefabbricate, impiega acciaio e alluminio in forma continua e corrugata con un forte effetto chiaroscurale, ottenuto mediante una raffinatissima cromia bronzea. Il padiglione, progettato dall’ingegnere Ennio Ghellini Sergenti con la consulenza dell’architetto fiorentino Pierluigi Spadolini, rappresenta un esperimento architettonico e culturale, in quanto inserimento di una struttura smontabile e a durata controllata in un complesso monumentale. La struttura propone le caratteristiche di un’edilizia smontabile che consente la massima recuperabilità dei componenti, in grado di assolvere nel corso degli anni diversi ruoli.
Il padiglione è composto da volumi semplici e modulari, capaci di accogliere le più svariate manifestazioni e la presenza delle mura ne ha bloccato lo sviluppo verticale, così da non entrare in competizione con le mura stesse e lo spazio da esse racchiuso. Le superfici verticali, in alluminio anodizzato bruno a doghe profonde orizzontali, sono modulate sull’altezza della doga sporgente, la cui misura deriva da quella dello scalino ed hanno assunto una serie di riferimenti costanti che girano e si inseguono lungo tutto il perimetro dell’edificio e nella scala centrale a cielo aperto. Il forte chiaroscuro delle doghe fa sì che la struttura non comunichi quel senso di estrema provvisorietà dovuto al materiale.
L’altro materiale per esterno, costituito da pezzi prefabbricati di cemento con ciottoli affogati di colore bianco e verde, risolve le superfici orizzontali esterne comprese le rampe, le scale e i contorni degli spazi verdi. L’edificio si articola su tre piani, dei quali uno completamente interrato e due più piccoli. Recentemente una contenuta sopraelevazione, giocata con effetto prismatico secondo il disegno di Pier Guido Fagnoni, ne ha arricchito le potenzialità espositive ed è stato realizzato un vasto impegno di recupero dei manufatti, tra i quali in particolar modo il Teatrino lorenese e i volumi dell’Arsenale. Il Teatrino lorenese, ossia l’antico e caratteristico teatro costruito ai tempi dei Lorena, oggi è utilizzato come sala congressuale per meeting e spettacoli, che possono così avvalersi di una cornice unica e suggestiva.
Ubicata presso l’area centrale della fortezza, la struttura è in muratura e occupa un’area di circa 520 mq. L’edificio si articola su due piani: il teatro al piano terra e le quinte al primo piano, mentre al secondo piano vi è un locale tecnico non accessibile al pubblico. L’Arsenale invece deve il suo nome all’antica destinazione di deposito delle armi. Struttura in muratura di grande pregio architettonico, oggi ospita congressi, convention, cene di gala, servizi di catering e spettacoli.
L’edificio si sviluppa su tre livelli, collegati tra loro da scale interne ed esterne, da scale mobili e da ascensori: il piano terra, che è costituito da 4 ampie sale (Arsenale, Fureria, Armeria, Basilica); il primo piano, dove vi è un’ampia sala e due ristoranti; il secondo piano, che ospita locali tecnici e di servizio. Di recente costruzione è poi il Padiglione Cavaniglia, un inserimento contemporaneo che utilizzando una parte del muro perimetrale di cinta tenta un integrazione con il contesto architettonico. Struttura modulare polivalente, il padiglione è ubicato in prossimità dell’antica Porta a Faenza, nella zona sud-est della fortezza, e si sviluppa principalmente su un unico piano. Infatti al primo piano vi sono solo locali tecnici e nel piano interrato, raggiungibile dal piano terra mediante ascensore, si trova il corridoio che collega il Padiglione Spadolini all’accesso pedonale di Porta alla Carra.